Eco-Chiacchiere: cosa succede al pianeta?

Chissà cosa deve essermi passato per la testa mentre decidevo di scrivere questo post dedicato alla questione ambientale, ma ci sono delle cose di cui hai bisogno di scrivere e che senti la necessità di esprimere. Troppo spesso viviamo alla giornata: lavoro-casa-famiglia. Pensiamo di essere virtuosi e nel giusto semplicemente perché siamo brave persone, facciamo il nostro dovere, facciamo del nostro meglio.

Tutto questo non è più sufficiente. Siamo troppi, consumiamo troppo e consumiamo male, inquiniamo in maniera inutile e superficiale. E’ il momento di prenderne coscienza e di muoverci tutti per reagire al più grande pericolo che la Terra, ma dovrei piuttosto dire l’umanità, abbia dovuto affrontare. I cambiamenti ambientali infatti, nonostante siano ancora per molti “normali fluttuazioni del clima terrestre”, sono indiscutibilmente collegati all’antropizzazione, al disboscamento, al consumo dei combustibili fossili, allo sversamento di liquami nei mari, al sovrasfruttamento delle risorse naturali ecc., e tutto questo NON distruggerà la Terra, che durante i suoi 4,5 miliardi di anni d’età è stata scenario di ogni tipo di realtà estrema (ere glaciali, desertiche, eruttive, bombardamenti meteoritici e sei diverse estinzioni di massa), ma distruggerà noi, l’umanità, gli “esseri superiori”, prodotto dell’evoluzione e unici esseri, animali, mammiferi ad essere stati in grado di piegare la Natura. Dunque anche se potrà sembrare che non sia il luogo questo, un blog dedicato alla creatività, lo farò lo stesso, perché adesso questo è davvero più importante di tutto.

Senza la presunzione di essere completa ed esauriente, ma solo spiegando quello che so, quello che ho letto, quello che mi è stato insegnato e che a mia volta insegno ai miei ragazzi (sono una prof. di scienze), voglio discutere della crisi ambientale che stiamo vivendo, ispirata e smossa dal mio torpore quotidiano dalla giovane attivista Greta Thunberg. Venerdì scorso è stata una data importante per la Terra perché grazie alla caparbietà di questa ragazzina “si è acceso un po’ di incendio tra i giovani ” (cit. Piero Angela); si tratta di 1,6 milioni di studenti in più di 120 paesi. Noi adulti non possiamo far altro che unirci all’incendio. Noi adulti che siamo consapevolmente o inconsapevolmente, i responsabili del disastro ambientale, e che al contempo ci sentiamo delusi dalle promesse non mantenute delle superpotenze mondiali (vedi accordo di Parigi del 2015). Siamo aggi alle soglie del 2020 senza un accordo di riduzione dei gas serra che coinvolga USA e Cina (per non dire che i paesi che hanno sottoscritto il patto hanno preso un blando impegno su base volontaria).

Ho ascoltato in questi ultimi giorni persone che si lamentavano di dover “combattere”. Diceva l’autista del bus (si io uso i mezzi pubblici o vado a piedi) che lui e la moglie lavorano e hanno bisogno di una macchina a testa, e liquidava così la questione. Ed è questo il motivo per cui questo tema spacca tanto l’opinione pubblica. La gente non ammette le proprie colpe (mancanza di sensibilità? è una colpa? mancanza di cura o di attenzione, sono colpe? mancanza di conoscenza, è una colpa?), nessuno può accettare di buon grado di dover cambiare repentinamente il proprio stile di vita che è poi dettato dalla nostra società. Ed è questo il fulcro della questione. I nostri governi dove sono stati? Cosa hanno fatto? Come ci hanno impedito di diventare degli esseri inquinanti? A cosa stavano pensando mentre rendevamo gli oceani una discarica galleggiante e l’atmosfera un ricettacolo di gas serra e polveri sottili? Certo qualcosa è stato fatto, ma sempre troppo poco e con poca urgenza… perché la vera urgenza delle nazioni è sempre stata un’altra. La CRESCITA, l’aumento della NATALITA’, combattere la DISOCCUPAZIONE, rilanciare l’ECONOMIA, essere COMPETITIVI con i modelli industriali degli altri paesi. E basta rifletterci un pochino per comprendere come nessuna di queste parole faccia perfettamente rima con AMBIENTE.

Ma è il caso di fare un passo indietro e fare una analisi più dettagliata se avrete la pazienza di seguirmi.

L’IMPRONTA ECOLOGICA

Il problema dell’impatto ecologico dell’uomo sulla Terra si sviluppa lungo due binari. Da una parte abbiamo l’aumento della popolazione, e dall’altro l’aumento dell’impronta ecologica. I due fatti NON sono ovviamente indipendenti ma sorprendentemente se la popolazione mondiale avesse l’impronta ecologica dell’India non ci sarebbe l’emergenza inquinamento che abbiamo oggi.

Ma cos’è l’impronta ecologica? E’ un indice che misura in ettari le aree biologiche produttive del pianeta Terra, compresi i mari, necessarie per rigenerare le risorse consumate dall’uomo. In poche parole, l’impronta ecologica ci dice di quanti pianeti come la Terra abbiamo bisogno per mantenere l’attuale consumo di risorse naturali. Se vuoi calcolare la tua impronta, vai su “footprintcalculator.org”. Scoprirai che avere un appartamento di cemento armato consumare saltuariamente carne o formaggio, prendere l’aereo e avere un auto e tante altre attività considerate normali sono in realtà insostenibili. Allo stato attuale, abbiamo bisogno in media di poco più di 1,7 “Pianeti Terra” e intanto i popolosi paesi in via di sviluppo stanno rapidamente colmando il divario tra il loro e il nostro stile di vita, assecondando un umano desiderio di crescita ricchezza e benessere. Se ti interessa sapere quali sono i popoli su cui ricade la maggiore responsabilità di questo parametro puoi osservare il grafico sotto.

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E passiamo dunque al secondo fattore: la popolazione. Osservando l’andamento del grafico si vede come la popolazione sia aumentata nel tempo costantemente nonostante guerre ed epidemie e come dal dopoguerra ad oggi si sia passati da 2 a 7 miliardi.

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Questi due fattori per me hanno sempre rappresentato un cruccio. Quando ero una studentessa mi chiedevo perchè i governi delle nazioni del “primo mondo” si preoccupassero della scarsa natalità quando era per me scontato che si trattasse di un fatto dichiaratamente positivo su scala globale. Mi ritrovavo incredula a sentire proposte di legge che volevano costruire centrali nucleari in Italia (in Puglia per la precisione) anzicchè puntare sulle energie rinnovabili. Poco prima di laurearmi, poteva essere il 2002, acquistai e lessi con voracità un saggio sull’ambiente dal titolo “i nuovi limiti dello sviluppo” (Meadows e Randers, ed. Oscar saggi Mondadori). Una lettura fondamentale e preoccupante, ma anche propositiva. Riassumendo all’osso si ammettevano i rischi del nostro tenore di vita, si prospettavano le conseguenze delle nostre attività e scelte energetiche, industriali, alimentari e si procedeva offrendo delle possibili soluzioni fiduciosi che sarebbero state attuate in tempo. Da allora le cose sono rapidamente cambiate e questo testo ( che già era il seguito di altri due precedenti del 1972 e del 1992) è stato aggiornato con “2052, scenari globali per i prossimi quarant’anni” (Randers, Edizioni Ambiente). In questo nuovo lavoro uno degli autori avanza previsioni per il futuro dell’umanità. L’obiettivo è quello di arrivare a quella che molti ritengono la soluzione al problema della convivenza del pianeta con l’uomo, cioè la sostenibilità ambientale, ossia la possibilità di usare le risorse della Terra in modo che anche le prossime generazioni possano goderne.

I punti salienti sono:

  • L’accettazione dell’ impossibilità della crescita infinita, perché le risorse del pianeta (specie i combustibili fossili) sono limitate. A questo c’è chi risponde che la tecnologia troverà i mezzi per ovviare alla mancanza di risorse, come ha sempre fatto, mi domando se sia giusto nutrire tale fede cieca nella tecnologia col rischio di finire a gambe all’aria oppure sforzarsi di fare qualcosa subito e cercare di limitare i rischi. Ma è una domanda retorica ho già chiaro cosa occorre fare.
  • La forza lavoro. Dagli anni ’70 del secolo scorso la produttività e il numero di lavoratori è aumentato, trascinando con sé una crescita mondiale del 3,5% l’anno. Nel mondo sviluppato però la popolazione e quindi la forza lavoro non aumenta più, e di conseguenza la crescita economica rallenterà, c’è chi qui vede solo svantaggi per una parte della popolazione e chi vede vantaggi per l’ambiente e per le generazioni future.
  • Il ruolo della DEMOCRAZIA. Purtroppo la democrazia risponde troppo agli interessi a breve termine dell’intera popolazione e contemporaneamente ha un sistema decisionale troppo lento per rispondere alle esigenze ambientali. I paesi capitalistici tendono a utilizzare le risorse finanziarie per le soluzioni più semplici. L’approccio definito business as usual (proseguire come se non ci fossero problemi) è incapace di offrire uno sviluppo sostenibile. Ora invece sono necessarie soluzioni più costose, ma meno inquinanti e molto più lungimiranti.
  • Il global warming tutti i climatologi sono d’accordo che la temperatura globale del pianeta è in aumento, e che se non si penderanno provvedimenti immediati si avranno nel 2052 2 °C in più, per arrivare ai 4 °C nel 2100. Gli accordi internazionali tendono a stabilire in 2 °C l’aumento massimo che il mondo può sopportare, mantenendo la concentrazione della CO2 in atmosfera al di sotto delle 450 parti per milione (ppm). Purtroppo per arrivare al valore “ideale” le misure devono essere prese adesso o nel giro di pochi anni.

Le proposte sono:

  1. Diminuire la crescita della popolazione. Specialmente nel cosiddetto primo mondo, dove i bambini hanno un impatto sul pianeta molto maggiore di quello dei nuovi nati del Terzo Mondo. Già adesso molte nazioni hanno una crescita zero o negativa, e l’Italia è tra queste, ma anche altre devono aggiungersi fino ad avere un picco di popolazione e cominciare il declino.
  2. Ridurre l’impronta ecologica. I primi provvedimenti sarebbero quelli di diminuire o addirittura abolire l’uso dei combustibili fossili, dal carbone al petrolio al metano, perché hanno un grosso impatto sul clima del pianeta. Questo però significherebbe anche far capire alle democrazie che un rallentamento della crescita adesso significa un mondo più giusto e pulito per le prossime generazioni.
  3. Aiutare i paesi non sviluppati a fare una transizione verso le energie pulite. In In questo modo la maggior parte delle nazioni salterebbero la fase dell’energia a basso costo (ma ad alto impatto ambientale) ottenuta dai combustibili fossili, anche se la transizione sarebbe costosa per i Paesi del Primo Mondo. Nonostante la spinta verso le energie pulite, però, alcune nazioni in rapida industrializzazione come la Cina non rinunciano al carbone e al nucleare.
  4. Cercare di ridurre gli interessi a breve termine. Temperare le esigenze delle democrazie e del capitalismo con il futuro delle prossime generazioni è probabilmente la sfida più grande, perché va contro all’attitudine umana più radicata, quella del guadagno a breve termine. Secondo Randers, l’unico sistema per superarla è la creazione di autorità sovranazionali con la capacità di imporre scelte rapide e a volte dolorose. un po’ come le banche centrali o il Fondo monetario internazionale impongono obiettivi specifici per il risanamento dei bilanci delle singole nazioni. I problemi sarebbero risolti non più dalla democrazia e del mercato, ma da un istituto centrale sovranazionale.
  5. Stabilire nuovi obiettivi per le società ricche. Puntare al benessere e non alla ricchezza (fonte e approfondimenti qui)

Le mie conclusioni.

Se sei arrivato a leggere fino a qui ti ringrazio. Quella giovane laureanda che ero aveva capito che il futuro avrebbe visto sempre più forte la necessità di ridurre la popolazione, ridurre i consumi, aumentare le fonti di energia rinnovabili eliminare gli allevamenti intensivi. Tutte cose chiare a me come a chiunque altro vent’anni fa avesse la capacità di capire la realtà. Ma allora perchè praticamente nulla è stato fatto? Ed ecco la parte più preoccupante. Secondo della trattazione di Randers la risposta alla mia domanda è che le democrazie non sono adatte a rispondere in modo efficace e in tempi brevi alle richieste del Pianeta-uomo. E il paradosso è proprio l’uomo che si sta rivelando semplicemente egoista, incapace persino di lavorare a favore dei propri figli e nipoti. La quota di popolazione ecologicamente analfabeta nel mondo è preoccupante. Come l’autista del bus: “Ci siamo abituati a vivere così mo’ cosa vogliono che diamo indietro le cose? Non si può” questione chiusa. Mi posso aspettare che una democrazia come quella italiana, divisa su tutto, vorrà e saprà prendere dei provvedimenti efficaci in breve tempo per l’ambiente? E glielo lasceranno fanno le persone come l’autista del bus?

Fatemi fare un’ultima triste considerazione: in questi giorni di Greta Thunberg e di friday for future ho letto di tutto. Offese inutili e vili alla ragazzina, agli scioperanti, agli ecologisti … offese pesanti che significano solo che la gente odia chi li costringe ad aprire gli occhi, non sopporta chi li mette davanti alle loro responsabilità. E tutti a cercare difetti per negare il valore della cosa. Tutti a guardare il dito che indica la Luna. Quante poche persone hanno compreso l’opportunità che Greta ci sta offrendo! L’opportunità di riprendere in mano la questione stavolta dandole l’urgenza che le compete. Perchè se non facciamo qualcosa ora non ci sarà più tempo. E l’unica consolazione è che la Terra sopravviverà a noi, esseri forse non così tanto intelligenti.

Qui termina la mia prima eco-chiacchiera. Nella prossima vedremo in concreto cosa possiamo fare noi nella nostra quotidianità e mi avvarrò dei preziosi contributi di tante ragazze green, esperte di buone partiche. Si comincerà a passare dalle parole ai fatti e con l’impegno ci sentiremo meno inutili.