Le contrade 2021. Quando inizia la primavera?

Abbiamo atteso quasi spasmodicamente che passasse il 2020 e adesso che siamo ormai con tutti e due i piedi nel nuovo anno nessuna magia è ancora avvenuta. E già. Perché è la scienza e non la magia che ci salverà e a lei dobbiamo dare tempo e dare spazio e nel frattempo comportarci nel modo più responsabile possibile.

In questo giorni di fatica e di tempo sospeso, di tempo che chiede spazio, ognuno reagisce a suo modo, magari maledicendo questa quasi totale immobilità sociale, oppure come me, che non ho mai fatto della socialità la mia priorità, che ho preso a guardarmi dentro, e ancora una volta ho trovato un desiderio sempre più prepotente di dimensione semplice, intima, silenziosa e gioiosa.

Ed è così che sono nate “le contrade”, un desiderio a lungo cullato e nutrito che avete già visto nei miei dipinti, nei miei racconti entusiasti, nel mio immaginario condiviso, qui sul blog, spesso senza alcun filtro, e che adesso sta prendendo forma concreta e dura come quella delle chianche. L’amore per la nostra campagna della Valle d’Itria, il sogno di trascorrere un pezzo di vita qui, il desiderio di fare parte di questo paesaggio contemporaneamente duro e delicato e vederlo mutare, cambiare colori con l’ora del giorno, cambiare luce con stagioni, osservare le piante nel loro ciclo vitale, guardare gli uccelli, passeggiare lentamente… È questo il mio sogno, finalmente in realizzazione.

Ma è ancora (ancora?) il momento della pazienza. Ah quanta ne avremo tutti da vendere alla fine di tutto questo? Vi lascio le immagini di questi miei nuovi ciondoli ( e perdonatemi il ritardo e la lunga attesa), ma anche con le parole PERFETTE di Franco Cassano purtroppo proprio oggi scomparso.

“Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina.

Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.

Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.

Andare lenti è fermarsi su lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall’estate, andare lenti è conoscere le differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze. Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all’ombra. Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti.

Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l’attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, pane e olio. Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.

Andare lenti è il filosofare di tutti, vivere ad un’altra velocità, più vicini agli inizi e alle fini, laddove si fa l’esperienza grande del mondo, appena entrati in esso o vicini al congedo.

Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo. Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire. C’è più vita in dieci chilometri lenti e a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un’uscita da scuola, un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.

Bisogna sin da adesso camminare, pensare a piedi, guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bisogna pensare la Misura che non è pensabile senza l’andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro. I veloci, i progettanti, i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzarne la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione!) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure si annida nel sacrilegio, è l’empietà senza valore, un diritto universale all’oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa. “

(“Il pensiero meridiano” – Franco Cassano)

TRULLI di lana, un nuovo progetto con l’uncinetto!

Eccomi arrivata al mio centesimo post!!!!

Chi tra voi lettrici è una creativa, e siete la maggioranza, sa che  a volte essere originali può diventare un cruccio. Ci sono giorni che pensi che sia già stato fatto tutto…due volte! Cerco sempre di creare e mostrare qualcosa di molto personale. Senza nascondermi dico che a volte ci riesco più di altre. Il fatto è che mi piace tentare tante strade! Spesso questo non conduce alla personalizzazione, alla ricerca e all’affinamento della tecnica.

Questo preambolo è per dire che cerco sempre di mettere del mio nonostante il mio pellegrinare, e, questa volta, con questo progetto, mi sento completamente appagata! Mi sono inventata questi trulli e li amo perchè c’è la mia terra, un mio grande amore, e la mano che segue quello che dice la testa senza troppi perchè; poi c’è la lana che preannuncia i primi freddi autunnali, una stagione magica che vorrei tanto poter trascorrere una volta nella vita nella campagna in un piccolo trullo.

Baci a tutti quelli che passeranno di qui e vorranno lasciare un loro commento.

TrulloCrochet

Trulli amigurumi

amigurumiTrulli

CrochetTrullo

Il Trullo vicino al mare – The “Trullo” next to the seaside

Ciao a tutti! Non so se l’ho già detto ma io sono pugliese… e campanilista per giunta! Si sa la Puglia è bellissima e potrei stare qui a parlare di clima, di gente, di posti meravigliosi per ore; ma se devo scegliere una, dico una sola, cosa che la rappresenti, bè quello è il trullo! Se qualche genio della lampada venisse a concedermi tre desideri uno sarebbe un bellissimo trullo tutto per me, immerso nella campagna ma sufficientemente vicino al mare, la mia location ideale! Mentre sogno mi sono decisa a dipingerlo: un lungo e basso mutretto a secco che nasconde tante lucertoline, solido ma basso così si può vedere al di là; i due trulli fusi con la loro calce bianca e col loro inconfondibile tetto conico, la pianta di fico d’india con tanto di frutti spinosi ma buonissimi; il mare calmo e azzurro in lontananza … e poi una scena, quasi una vignetta umoristica, con una donna che porta a spasso un cane incuriosita da un gatto fulvo che pare il padrone del trullo. Piccolo sogno che prende forma … chissà un giorno! Kiss kiss

Hi everybody! I’m from Puglia and I love it! This is a very beautiful place, with nice people and fantastic weather, and the realm of the “trulli”. If someone like the genie of the lamp presented to me to grant three wishes, one of these should be owning a “trullo”. It would be  in the countryside but near to the sea (ideal combo). While I ‘m dreaming about that, I decided to paint it: a low stone dry wall ,  prickly pear cactuses, the “trulli” with their unique roof, calm sea in the background, a woman with a dog intrigued by a cat that seems to be the trullo owner. A little dream becoming true … maybe someday! Kiss Kiss